Tra le specialità del ciclismo su pista, la velocità è una delle piu' spettacolari. I corridori devono percorrere due manche, ciascuna costituita da due giri di pista.
I corridori in genere si studiano per i tre quarti della distanza, fino a prodursi in una volata nell'ultimo tratto.
Gli ultimi 200 metri sono cronometrati, e vengono percorsi in 10-12 secondi. La velocità si aggira sui 70 km/h e le pedalate sulle 160 al minuto.
E' roba per corridori potenti, gente dallo scatto bruciante ed esplosivo. Ma il duello è anche psicologico. Se scatti troppo presto fai solo il gioco dell'avversario, gli offri la possibilità di prenderti la scia e bruciarti sul traguardo.
Sta tutto li, nella scelta del momento giusto per partire. E mentre ci pensi, l'attimo è già passato. Antonio Maspes, uno dei re di questa disciplina, diceva: "devi partire all'ultimo momento, ma un attimo prima del tuo avversario".
Oggi la sfida è soprattutto atletica, una volta invece si giocava d'astuzia. L'arma tattica piu' spettacolare per preparare la volata era il surplace. Cioè fermarsi a un certo punto sui pedali e starsene immobili in equilibrio sulla bicicletta.
Generalmente lo si faceva sulla curva, in pendenza, per complicare le cose. Arrivava il momento in cui chi ci sapeva fare di meno, per non perdere l'equilibrio, era costretto a partire. L'altro poteva allora prendergli la scia e cercare di batterlo sul traguardo.
Ma mentre eri concentrato a rimanere in equilibrio, l'avversario ti poteva partire sotto il naso e prendere un vantaggio che non riuscivi piu' a colmare.
Capitava che gli atleti rimanessero in surplace anche per venti, trenta minuti prima di lanciare la volata, con gran dispendio di energie. Chi padroneggiava meno la tecnica era infatti costretto a rimanere in uno stato di costante contrazione muscolare e concentrazione nervosa.
Il surplace con il tempo divento' quasi uno spettacolo a sé rispetto dalla gara. Lo stesso Maspes al Vigorelli si fermava ad arte davanti al cartellone del suo sponsor, la Ignis, che veniva cosi' inquadrato dalle telecamere e beneficiava di pubblicità extra. E a fine gara il commendator Borghi, patron della Ignis, staccava puntuale l'assegno.
Si comincio' a registrarne i record di durata. Memorabile resta quello stabilito da Giovanni Pettenella e Sergio Bianchetto al Velodromo di Varese nel luglio del 1968, durante una semifinale dei campionati italiani.
I due si conoscevano bene, erano amici. Nel 1964, alle Olimpiadi di Tokio, avevano conquistato rispettivamente l'oro e l'argento nella velocità. Nel corso della prima manche Pettenella si ferma in surplace. I due insistono e trasformano la semifinale nel tentativo di battere il record del mondo, di un'ora, che apparteneva a Maspes.
Nel pubblico, dapprima annoiato dal protrarsi della manovra tattica, si scatena l'entusiasmo. Ma dopo un'ora, 3 minuti e 5 secondi immobile sotto il sole, Beghetto dapprima sussulta, poi sbanda, e infine si accascia sul cemento della pista, svenuto. Pettenella deve attendere, sempre immobile, ancora un paio di minuti perché gli convalidino la vittoria.
Il record dura fino al 1975, quando viene battuto da Francesco Del Zio, ottimo pistard sia nella velocità che nel tandem, dove faceva spesso coppia con Giorgio Rossi.
Del Zio, poco noto al grande pubblico, nell'ambiente è ricordato per la sua finissima abilità tattica, la capacità di concentrazione e la grande sensibilità sul mezzo. Era un corridore di grande estro e personalità, uno degli ultimi esponenti di un ciclismo fatto di fantasia e cervello piu' che di gambe e potenza.
Nel 1964, a diciannove anni, in una semifinale di campionato italiano al Vigorelli lui e Antonio Castello rimasero fermi in surplace per quarantasette minuti. Poi si toccarono e finirono a terra.
Il 20 settembre del 1975, al Velodromo Olimpico di Roma, Del Zio dà l'assalto al record. La prova era stata allestita appositamente, non quindi in occasione di una competizione ufficiale. Del Zio rimase in surplace per 2 ore, 6 minuti e 15 secondi.
Quel record dura ancora oggi. Anche perché ormai i lunghi surplace, incompatibili con i tempi dello sport attuale, sono finiti in soffitta. Ma le sfide di surplace si fanno ancora oggi, non piu' in pista ma per strada, dove sono diventate uno dei piatti forti delle gare tra bike messenger, insieme a quelle di skid e alle alleycat.
aricolo pubblicato grazie all'autorizzazione di STEFANO DRAGONETTI
-WWW.CICLISUCARTA.IT-
I corridori in genere si studiano per i tre quarti della distanza, fino a prodursi in una volata nell'ultimo tratto.
Gli ultimi 200 metri sono cronometrati, e vengono percorsi in 10-12 secondi. La velocità si aggira sui 70 km/h e le pedalate sulle 160 al minuto.
E' roba per corridori potenti, gente dallo scatto bruciante ed esplosivo. Ma il duello è anche psicologico. Se scatti troppo presto fai solo il gioco dell'avversario, gli offri la possibilità di prenderti la scia e bruciarti sul traguardo.
Sta tutto li, nella scelta del momento giusto per partire. E mentre ci pensi, l'attimo è già passato. Antonio Maspes, uno dei re di questa disciplina, diceva: "devi partire all'ultimo momento, ma un attimo prima del tuo avversario".
Oggi la sfida è soprattutto atletica, una volta invece si giocava d'astuzia. L'arma tattica piu' spettacolare per preparare la volata era il surplace. Cioè fermarsi a un certo punto sui pedali e starsene immobili in equilibrio sulla bicicletta.
Generalmente lo si faceva sulla curva, in pendenza, per complicare le cose. Arrivava il momento in cui chi ci sapeva fare di meno, per non perdere l'equilibrio, era costretto a partire. L'altro poteva allora prendergli la scia e cercare di batterlo sul traguardo.
Ma mentre eri concentrato a rimanere in equilibrio, l'avversario ti poteva partire sotto il naso e prendere un vantaggio che non riuscivi piu' a colmare.
Capitava che gli atleti rimanessero in surplace anche per venti, trenta minuti prima di lanciare la volata, con gran dispendio di energie. Chi padroneggiava meno la tecnica era infatti costretto a rimanere in uno stato di costante contrazione muscolare e concentrazione nervosa.
Il surplace con il tempo divento' quasi uno spettacolo a sé rispetto dalla gara. Lo stesso Maspes al Vigorelli si fermava ad arte davanti al cartellone del suo sponsor, la Ignis, che veniva cosi' inquadrato dalle telecamere e beneficiava di pubblicità extra. E a fine gara il commendator Borghi, patron della Ignis, staccava puntuale l'assegno.
Si comincio' a registrarne i record di durata. Memorabile resta quello stabilito da Giovanni Pettenella e Sergio Bianchetto al Velodromo di Varese nel luglio del 1968, durante una semifinale dei campionati italiani.
I due si conoscevano bene, erano amici. Nel 1964, alle Olimpiadi di Tokio, avevano conquistato rispettivamente l'oro e l'argento nella velocità. Nel corso della prima manche Pettenella si ferma in surplace. I due insistono e trasformano la semifinale nel tentativo di battere il record del mondo, di un'ora, che apparteneva a Maspes.
Nel pubblico, dapprima annoiato dal protrarsi della manovra tattica, si scatena l'entusiasmo. Ma dopo un'ora, 3 minuti e 5 secondi immobile sotto il sole, Beghetto dapprima sussulta, poi sbanda, e infine si accascia sul cemento della pista, svenuto. Pettenella deve attendere, sempre immobile, ancora un paio di minuti perché gli convalidino la vittoria.
Il record dura fino al 1975, quando viene battuto da Francesco Del Zio, ottimo pistard sia nella velocità che nel tandem, dove faceva spesso coppia con Giorgio Rossi.
Del Zio, poco noto al grande pubblico, nell'ambiente è ricordato per la sua finissima abilità tattica, la capacità di concentrazione e la grande sensibilità sul mezzo. Era un corridore di grande estro e personalità, uno degli ultimi esponenti di un ciclismo fatto di fantasia e cervello piu' che di gambe e potenza.
Nel 1964, a diciannove anni, in una semifinale di campionato italiano al Vigorelli lui e Antonio Castello rimasero fermi in surplace per quarantasette minuti. Poi si toccarono e finirono a terra.
Il 20 settembre del 1975, al Velodromo Olimpico di Roma, Del Zio dà l'assalto al record. La prova era stata allestita appositamente, non quindi in occasione di una competizione ufficiale. Del Zio rimase in surplace per 2 ore, 6 minuti e 15 secondi.
Quel record dura ancora oggi. Anche perché ormai i lunghi surplace, incompatibili con i tempi dello sport attuale, sono finiti in soffitta. Ma le sfide di surplace si fanno ancora oggi, non piu' in pista ma per strada, dove sono diventate uno dei piatti forti delle gare tra bike messenger, insieme a quelle di skid e alle alleycat.
aricolo pubblicato grazie all'autorizzazione di STEFANO DRAGONETTI
-WWW.CICLISUCARTA.IT-